L’assegno divorzile dopo il superamento del criterio del ‘tenore di vita’
Il delicato tema che concerne l’assegno divorzile è stato sottoposto negli anni a diversi “cambi di rotta” della giurisprudenza cassazionista, vincolando così le decisioni dei Giudici dei Tribunali in sede di determinazione dello stesso, nel dirimere le questioni tra ex coniugi.
In questi casi, ove la situazione è già di per sé delicata a causa della rottura di un rapporto matrimoniale, magari durato anni, è frequente che si arrivi allo scontro in sede di giudizio proprio per quel che concerne la determinazione dell’ammontare dell’assegno divorzile.
Ricordiamo che l’assegno divorzile si pone su di un piano differente e totalmente diverso rispetto a quello relativo al contributo per il mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti. Quest’ultimo infatti, prescinde dai criteri per la determinazione dell’ammontare dell’assegno di divorzio, che fa riferimento solo al “mantenimento” del coniuge economicamente più debole, e non a quello dei figli che compare, oltretutto, in una statuizione differente, proprio perché relativa alla responsabilità genitoriale.
Il criterio del tenore di vita ed il suo superamento
Il criterio che ha accompagnato per anni il discernimento dei giudici in sede di divorzio è stato quello del tenore di vita ovvero quell’elemento valutabile sulla base delle condizioni economiche tenute in costanza di matrimonio, dal quale non era possibile poi discostarsi senza compromettere la posizione economica futura del coniuge più debole.
Tale metodo di lettura ha dato vita negli anni a sentenze in cui venivano attribuiti assegni divorzili da record e che, forse, ha posto la giurisprudenza nell’ottica di un profondo cambiamento.
Le sentenze della Suprema Corte
Le storiche sentenze della Corte di Cassazione n. 11504/2017 e 18287/2018 hanno comportato il passaggio dal concetto di ‘mantenimento del tenore di vita goduto in corso di matrimonio’ al diverso criterio di formazione dell’assegno divorzile che tiene conto di diversi e, sicuramente più compositi, elementi ma soprattutto si parla adesso di un criterio assistenziale-compensativo.
Il Giudice, difatti, grazie al supporto degli avvocati e dei loro atti di parte, è tenuto a compiere un’indagine precisa, basata su elementi concreti che attengano soprattutto all’autosufficienza economica del coniuge più debole:
- le condizioni economiche dei coniugi, della loro posizione lavorativa o anche, nel caso in cui ne siano privi, della capacità degli stessi di inserirsi nel mondo del lavoro, in base al grado d’istruzione e l’età, in relazione alla salute, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo, la stabile disponibilità di un’abitazione nonché il possesso di cespiti patrimoniali immobiliari e mobiliari oltre che il possesso di redditi di qualsiasi specie;
- il contributo dato da un coniuge alla costruzione del patrimonio comune, in costanza di matrimonio. Per permettere al marito o alla moglie di perseguire una determinata carriera, molto spesso, una delle due parti sacrifica il proprio percorso di crescita professionale e lavorativa per stare accanto al partner, occuparsi dei figli e della casa. Non per questo il coniuge in posizione debole all’interno della coppia deve trovarsi poi, in sede di divorzio, in una posizione di svantaggio. Il Giudice, pertanto, valuterà il contributo dato nell’incrementare il patrimonio familiare anche se quest’ultimo è stato “creato” fattivamente dall’altro coniuge;
- la durata del matrimonio è un altro elemento che rileva in sede di giudizio e che va ad incrociarsi, inevitabilmente, con l’elemento precedente del contributo dato nella formazione del patrimonio personale e comune che, pertanto, in un matrimonio di breve durata non può essersi sostanziato.
Tutti questi elementi vengono ad essere presi in considerazione in sede di giudizio dove il giudice competente andrà a decidere se spetta o meno al coniuge un assegno divorzile e in caso positivo, in quale misura.
Da quando si inizia a percepire l’assegno divorzile?
Una volta attribuito il diritto a percepire l’assegno attraverso la sentenza passata in giudicato, il coniuge beneficiario avrà la possibilità di rivendicarlo e ciò sarà ancor più necessario nei casi in cui il soggetto obbligato non paghi: in tale circostanza sarà possibile procedere con un’attività esecutiva volta al recupero delle somme non versate.
L’ammontare dell’assegno potrà essere, in futuro, rideterminato ma sempre ricorrendo al Tribunale che terrà conto delle modifiche nel frattempo intercorse nella condizione, soprattutto economica, delle parti, di modo da verificare se sia possibile o meno una variazione della somma.
Il nuovo assegno divorzile
Alla luce di quanto statuito nelle differenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione, l’orientamento si è oramai consolidato in tutte le Corti ma, in ogni caso, bisogna essere oculati nella proposizione del ricorso. È per questo che bisogna affidarsi ad un avvocato esperto della materia che conosca l’orientamento specifico del Tribunale competente e possa consigliarti al meglio sulla scelta da fare.
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